UNITRE MEDA

UNITRE MEDA

università delle tre età

Roggiolo San Pietro Martire o Bocchello e il Roccate

IL ROGGIOLO SAN PIETRO MARTIRE O BOCCHELLO
E
IL ROCCATE

[expand title=”Roggiolo San Pietro Martire o Bocchello”]
I due rigagnoli denominati Roccate e Bocchello scorrevano lungo il seguente percorso viario:
corso Matteotti, via Orsini, via Martesana, via Giovanni da Verrazzano, attraversamento via Busnelli, zona Celuschi-cascina di Rumìt, per poi inoltrarsi nel territorio di Seveso- San Pietro al di là della via Vignazzola. Il primo raccoglieva gli scoli della collina e il secondo era un canale artificiale. Oggi i due corsi d’acqua sono interrati, coperti da edifici privati e pubblici e da opere di urbanizzazione comprese le due tratte ferroviarie e la superstrada Meda Milano.

Mappa del catasto teresiano del 1721 in Meda terra di fede e di lavoro, Amministrazione Comunale, stampa elleci, Meda, dicembre 1986. Il tratto segnato in azzurro collega i corsi d’acqua Roccate e Roggiolo e le relative strade parallele. Il cerchio rosso evidenzia il punto in cui confluisce il Roccate nella roggia di Desio e quello di partenza del Roggiolo.

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[expand title=”L’omicidio di San Pietro da Verona”]

Prima di addentrarci nello specifico del Bocchello che nel catasto Teresiano è segnato come roggia San Pietro Martire, mentre nel nostro Piano di Governo del Territorio è nominato come “MD07a-Roggia Traversi derivazione”, conviene ripassare qualche pagina di storia locale.
6 aprile 1252, sabato in albis, il mezzogiorno è passato da poco. Appena arrivati in quel di Meda, i quattro frati in cammino lungo la via Canturina con l’intento di raggiungere Milano (erano partiti la mattina presto dal convento di Como) si dividono, cosicché fra’ Pietro e fra’ Domenico si recano presso il monastero di San Vittore a mangiare, poi ripartono lasciando alle spalle gli altri due. Poco dopo, nel territorio di Farga, il falcastro di Pietro da Balsamo detto Carino (lo stesso si convertirà e verrà proclamato beato) uccide fra’ Pietro da Verona. Lo stesso, ferisce gravemente fra’ Domenico che morirà poi nell’infermeria del monastero di Meda. Probabilmente la coppia di frati che accompagnava Pietro da Verona tra cui fra’ Corrado (a quanto pare poco propenso al canto comune essendo stonato di natura) si era fermata a mangiare in un luogo non distante il sentiero. Immaginate che il tratto della Canturina medese inizia sotto la costa Mal Marin attraversa il boschetto, sfocia presso la piattaforma ecologica e continua fino ad incrociare le attuali via delle Cave (territorio del Banderü), via Libertà, via Milano, per poi svoltare a destra verso San Pietro, appunto. Pietro da Verona e fra’ Domenico invece salgono la costa Mal Marin percorrono la via Manzoni e la via San Martino sino al monastero dove pranzano fugacemente (così si legge in una pergamena del 1351). Naturalmente per raggiungere la strada per Milano ed incontrare i due confratelli in territorio di Farga non ripercorrono la strada di prima ma, a mio avviso seguono l’alzaia del torrente oggi via Cristoforo Colombo, passano davanti l’oratorio dei santi Nazario e Celso e sono subito lì al santuario odierno, incontro la morte.
La salma di Pietro da Verona viene trasportata nella basilica di S. Simpliciano e quella del suo confratello Domenico nella chiesa di S. Marco sempre in Milano.
Il complotto è organizzato all’interno della setta religiosa dei Catari, infatti i mandanti dell’assassinio vengono individuati e a capo c’era Stefano Confalonieri di Agliate già messo al bando dal Sant’Ufficio. Ben presto la copertura religiosa del gesto lascia spazio alla verità dei fatti, mettendo a nudo la lotta politica tra fazioni per contendersi il governo della città. Poiché dopo dieci giorni di arresto, l’assassino Carino riesce ad evadere, il podestà di Milano Pietro degli Avvocati, comasco, è accusato di proteggere gli eretici e si salva dal linciaggio grazie all’arcivescovo Leone da Perego, mentre il suo vicario fa una brutta fine. La fazione nobiliare chiede la revoca del mandato al podestà e il conferimento all’arcivescovo, mentre la Credenza di sant’Ambrogio ovvero l’assemblea del libero comune, vedeva una manovra per sopprimere la rappresentanza dei ceti popolari che la stessa rappresentava.
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[expand title=”Il convento dei Domenicani e lo scavo del Bocchello”]
Sul luogo del martirio di San Pietro venne eretta una chiesa gestita dagli Umiliati, ordine diffuso su tutto il territorio della diocesi ambrosiana, che aveva in Meda la casa “superiore” presso il Pozzolo ovvero il Bregoglio. Dai documenti dell’Archivio di Stato sappiamo che dalla seconda metà del XIV secolo, la casa e l’ospizio sulla “stricta canturina” passarono nelle mani dei Domenicani, lo stesso ordine di san Pietro da Verona. Infatti, su richiesta di questi frati predicatori l’11 giugno 1373 papa Gregorio XI concedeva a loro la facoltà di rifondare la chiesa e l’ospizio di San Pietro Martire dove oggi si trova il grande complesso (santuario ed ex seminario) di San Pietro Martire costruito dal conte Bortolomeo Arese nel 1670.

«Con la venuta dei Domenicani anche le terre del convento migliorarono; infatti nel 1404 essi ottenevano da Caterina Visconti, da poco vedova del duca Gian Galeazzo, il permesso di deviare dalla roggia di Desio (che allora si chiamava ancora, giusto la sua origine, Seveso) il rigagnolo detto Bocchello o Roggiolo, consistente in un getto di acqua uguale ad un masinimun de muro una pietra di muro, misura che allora doveva essere conosciuta e che, in seguito a contestazioni, fu nel 1568 per ordine del magistrato straordinario, fissata in una forma quadrata di 20 cm per lato (4 once di acqua) aperta in pietra viva con cercine di ferro attorno, da collocarsi sulla destra della roggia, sotto il pelo dell’acqua. Il diritto di estrarre l’acqua dalla roggia fu confermato dal figlio della duchessa il 30 maggio del 1409 ed ancora in altri documenti ducali e camerali. Nel 1682, dietro preghiera della contessa Giulia Arese maritata Borromeo, il Bocchello fu prolungato fino a Cesano nelle terre dei conti Borromeo dietro versamento di lire 500 annue al convento che usufruiva dell’acqua un giorno alla settimana. Il contratto durò solo un novennio, perché casa Borromeo pensava a provvedersi di una sorgente più copiosa conducendo nel 1696 la roggia che porta il suo nome dalle fontane del Nano e del Guercio sopra Carugo come si legge nel libro Cronaca del Monastero di Meda pag. 28. Il monastero cedette pertiche 3, tavole 6 del proprio terreno per lo scavo della roggia, e casa Borromeo ne diede a San Vittore pertiche 4 e tavole 7» 1.

L’Allievi, maestro indiscusso di storia locale, in questo breve estratto sopra riportato, oltre a farci conoscere la portata dell’acqua che defluiva dalla roggia Sevesum Dexii o Roza del Sevesi verso le terre del convento domenicano, ci segnala che il canale artificiale venne prolungato fino a Palazzo Borromeo di Cesano assicurando l’acqua per nove anni dal 1682 al 1692. Questa scelta fu una temporanea alternativa al Roggiolo di Baruccana, voluto nel 1672 dal conte Bartolomeo III Arese e ricavato da una piccola bocca di derivazione nella sponda destra della roggia di Desio all’altezza della cascina Ca’ Nova nei campi della Baruccanetta. Questo scavo fu eseguito da Pietro Busnelli, detto il Binolo, un cesanese al servizio delle monache del monastero milanese di Sant’Agostino in Porta Nuova, proprietarie del terreno dove scorreva il Roggiolo.


Carta topografica dei contorni di Milano, dette mappe di Giovanni Brenna, quadro n. 37, anno 1837. Il tratto in azzurro che collega la roggia di Desio ai terreni del seminario di San Pietro è il Bocchello

 

Estratto mappa Comune di Meda 1880. Il cerchio rosso evidenzia il percorso del Roggiolo, ossia dei Reverendi Padri di San Pietro (RR.PP) come si evince dalla mappa. (mappale Brivio -di Carpegna)

 

Estratto planimetria Comune di Meda 1927. Il tratto segnalato in azzurro è il percorso del Roggiolo. Il primo cerchio rosso è l’imbocco lungo l’attuale via Seveso, il secondo cerchio è al “Salt del gal” in concomitanza con la FNM.

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[expand title=”Ul rugeau San Pietro Martire”]
Le mappe del Teresiano indicano la roggia San Pietro Martire che principia da una deviazione della roggia viscontea, mentre il catasto Lombardo Veneto mette in evidenza la strada detta la Roccate che collegava, di fatto, l’attuale corso Matteotti alla frazione di San Pietro Martire. Il primo tratto correva parallela al torrentello Roccate che terminava il suo percorso nel canale artificiale; il secondo tratto era un sentiero di campagna che costeggiava il Bocchello accompagnato da filari di robinie e pioppi. L’ampiezza del fosso di quest’ultimo era di circa un metro e per i ragazzini di Cà Pupular era motivo per rinfrescarsi i piedi e divertirsi, e non era raro trovarvi piccoli pesci e sanguisughe. Fino agli anni Sessanta del secolo scorso il fosso si estendeva fino all’altezza delle FNM, precisamente più avanti del campo sportivo Busnelli, prima del ponte delle FFSS, dove grazie al “salt del gal” oltrepassava i binari della ferrovia, per poi lambire i terreni della cascina di Rumìt e dei Celuschi, attraversare la strada Vignazzola e inoltrarsi nelle terre del santuario di San Pietro. Intendiamoci l’epiteto “salt del gal” veniva dato alla tubazione che incanalava l’acqua per poter bypassare i binari, con la forma tipica del corpo del gallo (forte discesa e lenta risalita). Questo era il luogo privilegiato dai suicidi, che giocavano sull’impossibilità del macchinista del treno di poter avere una visuale piena a causa della galleria.

Inizio del Bocchello: incrocio tra la via Seveso e la via Martesana

Via Martesana

Via Giovanni da Verrazzano

Terreno tempio Testimoni di Geova

Punto dell’uscita dalla galleria FNM e luogo del sifone “salt del gal” per incanalare l’acqua del Bocchello

Percorso del Bocchello e del sentiero adiacente a ridosso della Superstrada

La vegetazione

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[expand title=”Il Roccate”]
Il territorio compreso tra la via Cadorna, la via Seveso e la via Colombo fino ai primi anni Venti del secolo scorso si presentava come una larga depressione il cui sottosuolo era ricco d’acqua. Gli scavi per l’oratorio femminile (1910), le case popolari (anni Venti) e per la nuova Chiesa parrocchiale (anni Trenta) dovevano per forza essere stati profondi proprio per il riaffiorare di sorgenti che rendevano instabile il terreno. Quando poi il Tarò non riusciva a ricevere e a scaricare a valle l’acqua, il terreno diventava un immenso acquitrino e fino a qualche decennio fa, quando l’impianto fognario non assorbiva l’enorme quantità d’acqua rovesciata dalle intemperie e i rivoli che correvano giù dalla collina, le vie della zona tendevano ad allagarsi.
Tra i vari rii che principiavano dai ronchi sopra il centro storico, c’era il Roccate che lungo il suo breve cammino si convogliavano i vari rigagnoli che scendevano dai rilievi all’altezza di via Orsini (via del Roccate nella sua definizione preunitaria) proprio dove c’era il pozzo (non a caso). Terminava il suo percorso nel lato sinistro della roggia Traversi, proprio dove dall’altro lato fuoriusciva il Bocchello. Interessante notare che tra le carte dell’archivio Brivio-di Carpegna, nella descrizione delle proprietà “Nobili” sotto la voce “Avvertenze e Servitù” leggiamo: «Nella direzione da nord a sud corre la Roggia Nobili” lasciata nel suo corso”. La roggia Nobili ovvero il Roccate nel 1905 correva ancora a cielo aperto lungo l’attuale tratto di via Orsini, venne tombinata pochi anni dopo2.
Difficile capire il significato di Roccate. Per la conformazione morfologica e geografica del centro storico medese mi viene spontaneo assimilare la parola al termine “rocca”: acqua proveniente dalle mura della rocca, intendendo il complesso monastico di San Vittore posto in collina.

Note

1 CRISTOFORO ALLIEVI, Per una storia di Seveso, dal bollettino parrocchiale di Seveso “Il Risveglio Cristiano”, anni 1916-19.

2 Archivio nobiliare di Carpegna. “Divisione dell’eredità del Marchese Giacomo Brivio” 28 febbraio 1905, n. 1474

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