UNITRE MEDA

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università delle tre età

I “zoch” della via Santa Maria e il laghetto della Morsetta

 

La disseminazione “di zoch” sul territorio nord ovest del paese avviene con lo sviluppo dell’industria dei laterizi. Il territorio essendo argilloso era l’ideale per costruire mattoni e allora non restava altro che scavare profonde buche nel terreno e trasportare la terra nelle vicine fornaci. Qui maestri fornaciai come gli svizzeri Ceppi o i lodigiani Fusari cuocevano mattoni, statue e oggetti vari.

“I zoch” erano impermeabili grazie l’azione isolante del ferretto e allora si riempivano di acqua piovana destinata sia all’uso industriale (fornaci), sia a quello agricolo e infine, per gioia dei ragazzi, per il divertimento che fu causa anche di annegamenti. Il laghetto più noto è certamente quello di Pirutìt.

Pirutit_1

Pirutit

Il laghetto della Zochê di Pirutìt negli anni Settanta. (Fotografie pubblicate sul libretto S.P.S la Medese… una favola lunga 40 anni)

Il significato di “Pirutìt” trova diverse interpretazioni, ognuno faccia come vuole, io suggerisco la spiegazione classica: statuine create in fornace facendo piroettare (girare) su un tornio l’argilla. Il laghetto poi prese questo nome perché al suo interno venivano buttati i vasetti, le statuine rovinate o adoperate dai fornaciai per testare la temperatura. In un prezioso libretto della “SPS la Medese” del 1996, l’allora giovane Silvia Marelli sintetizzava in modo armonico la storia della nostra “zochê”. Quando negli anni Settanta l’associazione sportiva la prese in carico, non era nient’altro che una pozzanghera trasformata in un immondezzaio. Venne perfino ritrovata una bomba inesplosa del periodo bellico. Con gli anni fu trasformata in un piccolo paradiso meta di scolaresche, gruppi oratoriani e famiglie. Il terreno di proprietà dei di Carpegna era sfruttato dai Fusari, fornaciai di generazione, i quali avevano organizzato un percorso su rotaie che congiungeva i forni alla zona estrattiva. Del contenzioso tra Amministrazione Comunale e proprietà che ne seguì già se ne è scritto ad abundantiam, ricordo che ebbe inizio nel 1996 e se non sbaglio si concluse nel 2012 con strascichi negli anni a seguire, causando al nostro Comune un danno erariale di ben 250mila euro.

Alla sinistra del “Pirutit”, verso la zona umida della brughiera c’era ul laghèt del Cunt (o del Cesèr), era alimentato dal torrente Valetê ma venne coperto negli anni Settanta quando l’attività delle fornaci cominciava a calare e la pericolosità del luogo dava preoccupazioni.

Degni di nota due cave in zona “Motocross” a due passi dalla cascina del Malisch. Lì quando fervevano i lavori di estrazione dell’argilla con scavatrici e vagoncini di ferro su rotaia che la trasportavano alle prime fornaci Ceppi vicino all’oratorio vecchio, si erano formate due profonde pozze di acqua che causarono la morte per annegamento di due ragazzi. Erano gli ultimi anni Sessanta e anche in questo caso si corse al riparo coprendole. Ancora oggi possiamo verificare la loro presenza soprattutto quando piove.

È bene non dimenticare il laghetto Fusari scavato sul lato destro della stessa fornace di via Santa Maria dove oggi si intravvede l’avvallamento del territorio.

Ul laghèt del Ceser

La “foppa” nella zona Motocross

L’avvallamento dell’ex laghetto Fusari

 

Il titolo di questo articolo fa riferimento ad un altro laghetto, quello della Morsetta, dove si trovava?

Analizziamo i catasti, le mappe e le planimetrie del territorio di Meda dal Settecento ad oggi. Nel catasto teresiano del 1721 “Foglio V” alle voci 70,71,72,73 corrispondono il “sito di casa”, l’orto, la palude (n. mappa 73) di proprietà Pirro De Capitani. Il casolare è costruito in mezzo al bosco con alle spalle il torrente qui denominato Tarò, in realtà un suo affluente con ampi terreni coltivati e come soprascritto un piccolo bacino lacustre denominato “Morsetta” che, appunto, ha la forma di serraglio che racchiude il casolare, il termine è cassato e sopra è scritta la parola generica di palude.

Nelle mappe del Brenna del 1837 compare la denominazione “Laghetto” chiarendo in modo inequivocabile che cosa si voleva intendere per “palude”. Nel catasto successivo del Lombardo Veneto del 1855 (foglio 4) si presenta una grande area contrassegnata in giallo proprietà marchese Brivio che contiene la nuova cascina Francesca e il laghetto. Nella successiva rettifica del 1880 (foglio 14) a sud del laghetto, vicino alla strada per Figino è segnalato un nuovo edificio. Si tratta di una nuova fornace dei Brivio. La posizione è ottima: rifornimento idrico assicurato, grande piazzale per far asciugare i laterizi, una cascina dove alloggiare gli operai e una via di comunicazione per il trasporto dei manufatti. Anche le seguenti carte geografiche IGM segnaleranno la nascente attività delle fornaci.

La planimetria del territorio del 1927 evidenzia lo sviluppo della fornace con la costruzione di due nuovi edifici e sempre alle spalle il laghetto che per la verità ha una formazione ridotta ai precedenti essendo non più quadrangolare ma schiacciata, una morfologia che è attestata anche nella planimetria del 1959.

Molti anziani ricordano questo laghetto che col tempo è sparito, probabilmente a causa dell’uso dell’acqua per l’attività fornaciaia e si è poi deciso di riempire il buco, usufruendo di un secondo laghetto artificiale posto alla destra della fornace Fusari. Il laghetto scomparso si trovava dietro la fornace Fusari (civico 36 di via Santa Maria) sui terreni di proprietà Fusari, Baiguerra e Zuliani.

1 – 2  ASM, Fondo U.T.E. mappe piane, Catasto Teresiano di Meda del 1721;
3 ASM, Fondo U.T.E. mappe piane, Catasto Lombardo Veneto di Meda del 1855;
4 Archivio Brivio-di Carpegna, cameo della prima metà del Novecento;
5 Estratto planimetria Comune di meda del 1927. 1- Il torrente Valle delle Brughiere o Valetê;
6 Estratto planimetria Comune di Meda del 1959.

 

Note

SILVIA MARELLI, S.P.S la Medese… una favola lunga 40 anni, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Meda, settembre 1996.

Si ringrazia Giorgio Zuliani

Riguardo all’etimo di Morsetta non è da scartare l’ipotesi della presenza nei nostri stagni della pianta acquatica Hydrocharis morsus – ranae, comunemente conosciuta come “morso di rana” costituita da una piccola rosetta di foglie cuoriformi che in estate produce piccoli fiorellini bianchi.

Felice Asnaghi